L’Open Access si fonda su tre principî:
- la conoscenza è un bene comune
- la comunicazione scientifica è una «grande conversazione», più è aperta più è ricca
- i risultati delle ricerche finanziate con fondi pubblici devono essere pubblicamente disponibili
Sulla base di quest’ultimo principio, oltre 600 enti di ricerca in tutto il mondo hanno adottato Politiche per l’obbligo di deposito in un archivio Open Access. Fra queste Telethon, il CERN di Ginevra, l’Università di Harvard, i National Institutes of Health (NIH) negli USA, il MIT di Boston, la World Bank, lo European Research Council, l’Unione Europea in Horizon 2020 (elenco completo). Il nostro Regolamento segue questi esempi. In Horizon 2020 esiste l’obbligo di rendere disponibili in Open Access tutte le pubblicazioni; 9 discipline hanno già l’obbligo di deposito anche dei dataset, secondo il progetto pilota descritto da OPENAIRE.
La libera diffusione dei risultati delle ricerche crea un’accelerazione nel processo di creazione della conoscenza scientifica, agevola la collaborazione internazionale e interdisciplinare ed evita la duplicazione di sforzi, come riconosciuto dalla Raccomandazione della Commissione Europea sull’accesso alla comunicazione scientifica (17 luglio 2012).
Le logiche dell’Open Access si applicano solo alla produzione scientifica “give away”, ossia quella per cui il ricercatore non riceve alcun ritorno economico. Il ritorno atteso è piuttosto in termini di riconoscimento, prestigio e citazioni: proprio questi aspetti risultano massimizzati dalla diffusione Open Access.
L’Open Access nasce infatti dai ricercatori stessi, come canale alternativo di diffusione dei risultati della ricerca, a fronte dell’attuale sistema di comunicazione scientifica, assai poco funzionale. Da una parte infatti esso, chiudendo i risultati dietro costosissimi abbonamenti, nega le ragioni della conoscenza, che è un processo incrementale per cui l’accesso alle informazioni è necessario per poter progredire. Dall’altra, è un sistema inefficiente, poiché ogni Ateneo paga le proprie ricerche 4 volte:
- con lo stipendio al ricercatore,
- con il finanziamento della ricerca,
- una volta che questa viene pubblicata, con gli abbonamenti alle riviste scientifiche (l’Università di Torino spende ogni anno oltre 2 milioni di euro in abbonamenti)
- con i diritti di riuso per le riproduzioni.
Ci sono due vie all’Open Access:
- il deposito in archivi aperti (elenco), istituzionali – come il nostro IRIS-AperTO – o disciplinari – come arXiv per i fisici o REPEC per gli economisti. Questa via non modifica in alcun modo le abitudini di pubblicazione: si pubblica sulla rivista o la sede editoriale di riferimento e poi si deposita la versione consentita dall’editore per l’accesso aperto in IRIS AperTO. Il 76% degli editori internazionali lo consente, a volte con un periodo di embargo, ossia devono passare alcuni mesi prima che il testo divenga pubblico: vedi le politiche. Questa è la via scelta dal Regolamento Open Access dell’Università di Torino.
- la pubblicazione in riviste Open Access, peer reviewed, senza abbonamento per il lettore (elenco). Alcune richiedono il pagamento delle spese si pubblicazione. Si stanno sviluppando anche iniziative di monografie Open Access (elenco).