Su PlanS: una spinta forte verso l’Open Access
Il 4 settembre 2018 Science Europe ha diffuso PlanS, una presa di posizione forte sulla transizione a un Open Access immediato a partire dal 1 gennaio 2020, poi posticipato a gennaio 2021. PlanS deriva dalle scelte di alcuni enti di finanziamento (in Italia, INFN), riuniti in cOAlitionS. Le basi per l’azione di PlanS si leggono nelle Conclusioni del Consiglio d’Europa del 26 maggio 2016 e nelle Raccomandazioni della Commissione Europea del 25 aprile 2018 e rispondono pienamente alla Amsterdam Call for Action del 2016.
Il documento ha suscitato e sta suscitando un acceso dibattito in Europa. Anche Peter Suber, tra i fondatori dell’Open Access, lo ha commentato.
PlanS è stato rivisto e posticipato di un anno. Nel frattempo sono stati creati alcuni strumenti molto utili:
- Journal checker per verificare la conformità della rivista in cui si intende pubblicare
- Right retention strategy, che permette agli autori di mantenere i diritti. ATTENZIONE perché gli editori stanno dando informazioni fuorvianti: ne trovate alcune in questa Lettera con cui PlanS vi mette in guardia: The Rights Retention Strategy and publisher equivocation: an open letter to researchers
- Price transparency framework, per pagare effettivamente il prezzo del servizio e non del prestigio. Gli editori sono invitati a dettagliare i costi reali della pubblicazione
Cosa prevede PlanS
PlanS si articola in 10 principî, fra i quali sottolineiamo:
- dal 1 gennaio 2021, ogni articolo dovrà essere pubblicato in Open Access immediato (nessun embargo possibile) con una licenza CC-BY (Creative Commons Attribuzione, per il massimo riuso)
- gli autori mantengono i diritti
- non sarà possibile pubblicare su riviste ibride [quelle che pur essendo in abbonamento offrono l’opzione Open, generando di fatto un doppio pagamento per le istituzioni]: se volete sapere perché, e perché le riviste ibride sono un danno, leggete Why hybrid journals do not lead to full and immediate Open Access
- al prezzo delle eventuali APC (Article Processing Charges, le spese di pubblicazione richieste dal 27% delle oltre 15.000 riviste Open Access incluse in DOAJ, la Directory of Open Access Journals) viene stabilito un tetto massimo
- gli enti finanziatori della ricerca pagheranno direttamente le APC; ove una rivista non sia disponibile in Open Access, gli enti finanziatori finanzieranno una rivista o piattaforma utile alla pubblicazione
Si tratta quindi di principî largamente condivisibili. Va sottolineato che PlanS non implica assolutamente che tutte le riviste debbano sostenersi con le APC – malinteso che ha destato preoccupazione nelle scienze umane e sociali, meno finanziate e quindi potenzialmente escluse – ma solo che nel caso vengano richieste APC su queste si deve porre un tetto massimo. Il che è perfettamente in linea con il progetto FairOA, nato proprio nelle scienze umane, per un’editoria Open Access sostenibile. Se volete sapere di più sulel riviste Open che non fanno pagare nulla, né al lettore né all’autore, il report Diamond Open Access curato da OPERAS fa per voi.
Altrettanto condivisibile è la Premessa al PlanS, in cui si riconosce il concetto di libertà accademica ma si stigmatizza al contempo l’attuale sistema che enfatizza indicatori scorretti quali l’Impact Factor, dando luogo a incentivi “fuorvianti”:
“Riconosciamo che ai ricercatori deve essere garantita la più ampia libertà di scelta sulla sede più appropriata per la pubblicazione dei loro risultati […]. Tuttavia, abbiamo dei doveri nei confronti della scienza come nel suo insieme, e i ricercatori devono rendersi conto che rendono un enorme disservizio alle loro istituzioni continuando a pubblicare i risultati in pubblicazioni chiuse dietro abbonamenti. Siamo consapevoli che i ricercatori possono essere spinti a farlo da un sistema fuorviante di valutazione della ricerca che enfatizza indicatori inadeguati (quali l’Impact factor). Ci impegniamo perciò a rivedere profondamente i criteri di valutazione e di incentivo, secondo quanto suggerito dalla DORA Declaration”
Oggi, non esiste questa pretesa “libertà accademica” – che di per sé significa la possibilità di fare ricerca senza censura, non di pubblicare dove si vuole o si è costretti: la scelta di pubblicare in una specifica rivista non è dettata dallo scopo di diffondere la propria ricerca ma unicamente dalla prospettiva di carriera e promozione. PlanS può costituire una leva fondamentale per scardinare questo sistema, che ha portato all’attuale crisi di ritrattazioni e mancata riproducibilità (Ioannidis 2008 e 2014).
Come nota Stephen Curry, libertà di scelta non significa derogare alla responsabilità che tutti gli attori coinvolti – autori, finanziatori, editori – hanno nell’assicurare una comunicazione scientifica equa e trasparente, visto fra l’altro che stiamo parlando di ricerca finanziata con fondi pubblici.
PlanS rappresenta, anche per gli editori, una opportunità per promuovere l’innovazione e accrescere equità e inclusione nel sistema della comunicazione scientifica (MacCallum).